Mūlabandha, una pratica per muscoli bisessuali
Mulabandha e’ una pratica che si colloca tra le gambe. Tra le gambe gli orifizi, tra gli orifizi, il perineo. Perineo e’ una parola molto bella, affonda la sua stessa etimologia nel greco antico e designa cio’ che e’ intorno al vuoto. E non e’ solo in mulabandha, alla base dei corpi, che lo yoga si gioca intorno ai vuoti.
Tra mulabandha e respirazione, una relazione inseparabile.
In termini di saperi sessuali, e di orientamento sessuale, mulabandha e’ una pratica nobile, inclusiva, che puo’ portare flessibilita’, forza, stabilita’, di un’area del corpo che riguarda la sessualita’ nella sua forma estesa, dalla sollecitazione nelle pratiche sessuali frontali e posteriori alla gravidanza, dalle tecniche di astensione delle emissioni alla salute degli organi nell’area del bacino, ma anche, al di la’ del sessuale, dalla protezione della parte bassa dell’addome durante un’attivita’ fisica alla generale stabilita’ del corpo nella sua mobilita’ quotidiana.
La pratica e’ riportata in molte fonti di matrice tantrica e yogica, tra queste nell’Amrtasiddhi, Xi secolo, nel Goraksasataka, del XIII secolo, nel piu’ tardo Gherandasamhita, del XVIII secolo.
Nella femmina e nel maschio il perineo si estende dal margine inferiore della sinfisi pubica all’apice del cocige, e trasversalmente da un’area ischiatica all’altra; in sintesi, dall’ano agli organi sessuali.
Mulabandha e’ il sigillo di quest’area, si genera muscolarmente con un leggero sollevamento volontario dei muscoli del pavimento pelvico, un lieve risucchio verso l’interno, la sensazione fisica di richiudere di poco gli orifizi, di risalita, di portare il basso verso l’alto.
Si provi con una delicata contrazione muscolare a socchiudere orifizi frontali e posteriori, complici gli sfinteri. L’atto che si compie per trattenere qualcosa che si puo’ emettere e che si vuole contenere per qualche istante.
Risaliamo un istante, per gioco: si provi a guardare verso il soffitto, si risucchino le guance verso l’interno, la bocca si restringe, il sottovuoto, si rilasci.
Si riscenda di nuovo alla base del corpo, tra le gambe.
Per comprendere quanto il respiro e le sue dinamiche siano interconnesse con i muscoli del pavimento pelvico si provi un colpo di tosse e si porti attenzione a come, involontariamente questa volta, per un attimo, si sollevino di qualche millimetro le fasce muscolari tra le gambe.
In piedi, o seduti a gambe incrociate, si provi dunque in fase inspiratoria a contrarre leggermente i muscoli del pavimento pelvico, in fase espiratoria si rilasciano, lasciando che questi ritornino ad una condizione di neutralita’. E’ importante che nella fase espiratoria non si generi uno sforzo, una spinta all’ingiu’, ma semplicemente un rilascio dell’azione muscolare di risucchio appena compiuta. Si ripeta qualche volta accompagnando l’azione con respirazioni profonde e regolari. Una pulsazione ripetuta in sincronia con le inspirazioni e le espirazioni.
La pratica di mulabhanda si presta ad accompagnare una sequenza di asana sul tappetino tanto quanto ad essere praticata, sempre con la dovuta attenzione al movimento e al respiro, in momenti della giornata in piedi o seduti.
Si riporta qui, a evidenziare l’importanza della dinamica di risalita di mulabhanda con le pratiche di risalita del respiro, un passo dal Dattatreyayogasastra, testo del XIII secolo, qui nella versione in cui come ausilio all’azione si utilizza il contatto del tallone:
Colui il quale pratica regolarmente la chiusura della radice (mulabhanda) conosce lo yoga. Il praticante prema il tallone contro l’ano e forzatamente si contragga il perineo ancora e ancora, in modo tale che risalga il respiro. Nella chiusura della radice respiro discendente e ascendente, il nada e il bindu, si uniscono, e per certo questo conferisce successo nella pratica.[1]
[1] Traduzione in italiano dalla traduzione inglese in Roots of Yoga, J. Mallinson and M. Singleton, Penguin Classics, 2017, pag. 242.