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E’ un piacere per me condividere qui per Impossible Yoga il contributo di Seth Powell, fondatore di Yogic Studies, un prestigioso progetto per condividere studi accademici sullo yoga, del livello dell’Harvard University, e rompere cosi’ un muro della gerarchia dei saperi.
Seth Powell e’ da tempo praticante di yoga e studioso di religioni indiane, sanscrito, e tradizioni yogiche. Attualmente e’ dottorando in Religioni sud asiatiche presso la Harvard University. La sua ricerca si focalizza sulla storia, teoria, pratica delle tradizioni dei testi yogici medievali e dell’inizio dell’eta’ moderna. Laureato in storia delle religioni presso le Universita’ di Washington e la Humboldt State. Oltre alla sua carriera accademica, Seth Poweel, ha passato una decina di anni sul tappetino dei centri yoga americani, studiando forme di yoga posturale moderno.
Nel 2017 hai fondato Yogic Studies, un progetto che, nella mia opinione personale, puo’ essere capace di rompere un muro, creare un ponte, riempire un vuoto. Credo sia un’avventura tanto nobile quanto trasgressiva. Per favore, ce la racconti?
Grazie per la domanda, e per avermi raggiunto per questa intervista. Ho lanciato Yogic Studies come piattaforma per promuovere il lavoro che porto avanti da tempo, ovvero di rendere accessibile e disponibile ai professionisti dello yoga e agli insegnanti delle scuole yoga alcune delle ricerche piu’ all’avanguardia sulla storia e la filosofia dello yoga, emerse dagli studi di importanti accademici in giro per il mondo.
Negli anni, in veste di accademico, ho notato negli ambienti universitari una sorta di mancanza di sensibilita’ nei confronti di chi pratica yoga o di chi segue pratiche religiose; talvolta vengono percepiti come se ciecamente accettassero la loro tradizione, privi di riflessivita’ o senso critico in relazione alla storia di quella stessa tradizione.
Un approccio puramente accademico sullo yoga, pero’, potrebbe correre il rischio di tralasciare importanti intuizioni, strutture, sensibilita’, di chi e’ all’interno di una pratica tradizionale, diremo una visione emica, per l’appunto, di perdersi una visione dall’interno.
Che le tradizioni dello yoga moderno possano (o debbano) essere intese come un continuum delle tradizioni indiane premoderne, come attestato nei testi sanscriti, tuttavia, e’ un’altra questione, e negli ultimi anni e’ al centro di accesi dibattiti.
D’altro canto, in veste di praticante nei centri yoga americani contemporanei, ho spesso notato una certa forma di anti-intelletualismo, in qualche modo di antagonismo nei confronti degli studiosi, ritenuti come “semplici accademici”, e non adatti dunque alla comprensione “vera” o “autentica” del sapere yogico, che si ritiene, in questo contesto, possa essere raggiunto con la sola pratica personale. Per questi ultimi il rischio e’ quello di perdersi l’incredibile valore della ricerca che potrebbe contribuire alla conoscenza della loro stessa pratica yoga, e delle radici storiche di cio’ che tuttora praticano nel contemporaneo.
Ritengo dunque improprio ritenere che i ricercatori accademici siano solo li’ fuori per confutare l’autenticita’ e la veridicita’ storica della pratica del modern yoga (anche se, ad essere onesti, vi sono alcuni studiosi che sembrano avere questo come modus operandi), tant’e’ che nell’emergente ambito di studi accademici intorno allo yoga vi e’ oggi un numero sorprendente di accademici-praticanti. E in effetti, dal punto di vista della storia dell’India pre-moderna, questo sarebbe un risultato tutt’altro che inusuale.
Detto altrimenti, gli autori dei testi sanscriti sullo yoga erano spesso essi stessi probabili praticanti. Questa pero’ e’ una pretesa storica difficile da dimostrare, perche’ spesso al di la’ dei testi in se’ abbiamo ben poche informazioni storiche sulla vita degli autori, ma abbiamo dei buoni motivi, considerando i dettagli e la meccanica prescrittiva dei trattati, per ipotizzare che lo fossero.
Riconoscendo questo divario, e avendo il desiderio di vedere insegnamenti piu’ rigorosi e approfonditi all’interno della comunita’ dello yoga, ho fondato Yogic Studies per tentare di dare il mio contributo a colmare questa divisione tra accademici e insegnanti dei centri, fornendo un servizio educativo di alta’ qualita’ per l’estesa comunita’ e pubblico dello yoga.
E’ chiaro a tutti noi che la popolarita’ dello yoga e’ in boom negli ultimi decenni. Ma nei secoli passati vi sono stati altri momenti di ampia distribuzione? Per esempio, possimo parlare dell’esistenza di uno yoga popolare pre-moderno?
Questa e’ una grande domanda, e un qualcosa a cui penso spesso. Innanzitutto, e’ importante precisare che per la maggior parte del passato storico dello yoga questo era una disciplina fisico-mentale performata a tempo pieno da asceti religiosi ai margini della tradizionale societa’ indiana, praticato per trascendere i limiti del mondo e coltivare poteri incredibili. Nel tempo, i metodi mentali e fisici dello yoga si svilupparono e furono adottati da numerosi ordini religiosi e da tradizioni settarie, incluse alcune forme di Jainismo, Buddhismo, Sivaismo, e da tradizioni “Hindu” o Brahaminiche, e durante il periodo Mughal, anche da ordini islamici di tradizione Sufi. Per esempio, abbiamo incredibili testi persiani sullo Haṭhayoga. C’e’ anche una famosa traduzione in arabo degli Yogasūtra di Al-Biruni (973-1048), e un’altra versione sivaita del X secolo in antico javanese scoperta a Java.
Come la lingua, la letteratura e il potere culturale del sanscrito, che si estendeva ben oltre il subcontinente indiano, cosi’ anche la teoria e la pratica dello yoga sembrano essersi ampiamente diffuse anche nell’arte e nella letteratura del mondo asiatico permoderno. Mi piace pensare a questo come alla grande “Cosmopoli Yoga”.
I Dharmaśāstra, i codici della legge per i pii brahmini, includono prescrizioni sul controllo del respiro (prāṇāyāma) per espiare i propri peccati nel momento in cui la loro purezza veniva compromessa dal compiere qualche attivita’ “non salutare”. Nell’India medievale, con l’ascesa del tantra tra il VI e il XIII secolo, iniziamo a vedere in alcuni testi sanscriti degli insegnamenti yogici fatti esplicitamente per uomini sposati, e anche per i re. Spesso governanti indu’ e musulmani erano affascinati dai poteri spirituali (siddhi) e dal carisma dei grandi yogin, e talvolta cercavano il loro consiglio per amministrare i territori, o addirittura commissionavano i loro poteri per opportunismo militare.
Il corpo dei testi sullo Haṭhayoga scritto intorno al 1000 narra di yoga per uomini sposati e a volte ri rivolge anche a praticanti femmine, sebbene la maggior parte dei testi faccia riferimento ad una tradizione di rinuncia prevalentemente maschile.
All’inizio dell’epoca moderna, il successo dello Haṭhayoga lo porta a fondersi con la cultura Vedānta e con gli ideali “vedici” dominanti, dando vita a un nuovo corpo di Upaniṣad yogiche, emerse in questo periodo storico.
In un certo modo vedo tutto cio’ come una sorta di “mainstream” dello yoga nell’India precoloniale. Tuttavia, e’ sempre difficile correlare cosa succede nei testi sullo yoga con cio’ che succede allo yoga “sul campo”.
Ogni secolo, ogni cultura, ogni societa’, hanno diverse nozioni di “corpo”, il corpo legale, il corpo sociale, il corpo fisico, il corpo anatomico, il corpo concettuale, etc. Nella cultura yogica, qual’e’ la relazione tra la nozione di corpo e lo sviluppo degli āsana?
A differenza delle trazionioni culturali europee e americane, che hanno prodotto consistenti ricerche accademiche e teoria intorno al corpo negli ultimi 40 anni, c’e’ stata poco attenzione e teorizzazione nei confronti delle tradizioni indiane e yogiche.
Recentemente sono emersi alcuni studi importanti a riguardo, tra questi mi vengono in mente per esempio il libro Bhakti and Embodiment (2015) di Barbara Holdrege o The Tantric Book (2005) di Gavin Flood.
All’interno degli studi sulle tradizioni yogiche vi e’ la sfida di stabilire una teoria sul corpo, o su cio’ che chiamiamo “corpo yogico”, ma i testi narrano cose ampiamente diverse. Finora non e’ stato condotto uno studio sistematico o completo sul corpo nello yoga, in parte perche’ i materiali sono assai vasti e complessi. Per certo emergono temi dominanti, alcuni dei quali sono abbastanza popolari e ben conosciuti nei centri contemporanei di yoga, se non completamente compresi.
Tra i piu’ importanti vi e’ la nozione della rete sottile di canali energetici (nāḍī) che permette alle energie vitali (prāṇa) di fluire all’interno del corpo fisico dello yogin.
Testi risalenti agli Upanisad affermano che ci sono 72000 nāḍī, ma nel tempo 3 di queste sono emerse come piu’ importanti: il canale di sinistra (īḍā) e di destra (piṅgalā), e il canale verticale centrale (suṣūmṇā) che corre lungo l’asse della colonna vertebrale. E’ in questa rete che ritroviamo i noti cakra, o “ruote” energetiche, chiamate talvolta ādhāras (fissazioni), che erano inizialmente “installati” mentalmente attraverso la visualizzazione, ma che in tradizioni piu’ tarde hanno preso una deriva piu’ fisica, se non addirittura una qualita’ corporea.
Contrariamente a quanto solitamente si crede, non c’era un singolo sistema di cakra nelle tradizioni yogiche. Abbiamo testi che narrano di 4, 5, 6, 7 o piu’ cakra. Il testo a cui sto lavorando per il mio dottorato, il Śivayogapradīpikā (XV secolo), o La lucerna dello Yoga di Siva, per esempio, insegna un sistema di 9 cakra e 16 ādhāras, che si estendono dall’alluce fino alla sommita’ della testa.
Nella tradizione medievale dello Haṭhayoga, le posture del corpo (āsana), cosi’ come altre azioni (karaṇa), sigilli (mudrā) e legami (bandha), erano utilizati dinamicamente per purificare il corpo dello yogin da tossine, flemma (kapha) e altri elementi fisici, ma nello specifico erano utilizzate per stimolare le energie vitali nel corpo dello yogin, e soprattutto, per attivare la suprema sorgente di energia femminea di Kuṇḍalinī, che nell’ Haṭhapradīpikā viene definita in termini di porta per la liberazione (mokṣadvāra).
In questo caso e’ importante rendersi conto che abbiamo a che fare con un paradigma epistemologico (teoria della conoscenza) molto diverso da quello dal quale siamo condizionati nel percepire il corpo come praticanti di yoga del XXI secolo.
Cercare di riconciliare il corpo yogico premoderno con lo scientismo occidentale dominante nei nostri giorni non sempre funziona. E’ interessante notare che questa e’ una sfida che i leader del pensiero intelletuale e religioso indiano, coinvolti nella riforma dello yoga e dell’induismo nel ventesimo secolo, stanno attuando in una lotta con se stessi.
Sono interessata al tuo futuro progetto di corso online, “An introduction to the History and Philosophy of Yoga”. Puoi dirmi qualcosa di piu’ a riguardo?
Assolutamente. Sono molto eccitato per questo progetto perche’ mette a disposizione una piattaforma per sintetizzare alcune tra le piu’ recenti e preziose ricerche accademiche sulla storia e sulla filosofia dello yoga realizzate nell’ultimo decenniio, e renderle accessibili ai praticanti di yoga in giro per il mondo. Abbiamo gia’ studenti iscritti dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dal Canada, Spagna, Australia, e Italia!
La globale popolarita’ dello yoga esplosa negli ultimi anni, con oltre 30 milioni di praticanti solo negli Stati Uniti, ha portato anche negli ultimi decenni ad una rinascita degli studi accademci sullo yoga.
Scoperte sono state fatte sulle origini dello yoga posturale moderno, sui testi medievali di tradizione Haṭhayoga, sulle relazioni tra yoga e Buddhismo e nuove prove sulla cronologia di alcune posture, per citarne solo alcune di questa ricerca in fieri.
Due importanti progetti di ricerca quinquennale, finanziati attualmente dal Consiglio europeo per la ricerca, sono particolarmente prestigiosi, in questa ondata di studi critici sullo yoga: Haṭha Yoga Project, con sede allo SOAS, Universita’ di Londra, e Entangled Histories of Yoga, Ayurveda and Alchemy in South Asia, con sede all’Universita’ di Vienna.
La maggior parte di queste borse di studio stanno rimodellando la storia dello yoga come la conoscevamo prima, tuttavia molti studenti restano in gran parte inconsapevoli di questa ricerca pioneristica e di come potrebbe influenzare la loro conoscenza sulla pratica.
Il corso online di 6 settimane tentera’ di mettere luce sul passato e il presente dello yoga, fornendo agli studenti un solida base storica e filosofica sulle tradizioni yogiche.
Utilizzando le ultime tecnologie sulla pedagogia online, si potranno seguire video-lezioni settimanali, immagini, test, dispense in pdf, letture ulteriori, e anche una sessione Q&A settimanale live su Facebook.
Il corso includera’ anche la mia attuale ricerca di dottorato nel sud dell’India, per scoprire le piu’ antiche prove visive e materiali dello yoga posturale e della storia della pratica degli āsana. Ho raccolto la documentazione di numerose sculture di molti yogin in posture assai complesse, in āsana non seduti, scolpite sui pilastri del Tempio di Hampi, la capitale medievale del grande impero di Vijayangara. Condividero’ i dettagli di questi ritrovamenti e il loro valore per la storia dello yoga in un prossimo articolo peer-reviewed, che sara’ pubblicato il mese prossimo, ma gli studenti del corso avranno uno sguardo interno anche su parte di questo lavoro.
ENGLISH ORIGINAL VERSION
It’s a pleasure for me to have the chance to share here the contribution by Seth Powell, founder of the Yogic Studies, a prestigious project to share Harvard-level academic studies about yoga, and breaking a wall in the hierarchy of knowledge.
Seth Powell is a longtime practitioner of yoga and a scholar of Indian religions, Sanskrit, and yoga traditions. He is currently a PhD Candidate in South Asian Religions at Harvard University. His research focuses on the history, theory, and practice of medieval and early modern Sanskrit yoga texts and traditions, as well the study of yoga’s visual and material cultures. Seth also holds degrees in the study of religion from the University of Washington (MA) and Humboldt State University (BA). In addition to his academic pursuits, Seth has spent much of the past decade “on the mat” in the American yoga studio culture, engaging in a variety of forms of modern postural yoga.
In 2017 you founded Yogic Studies, a project that, in my personal opinion, can be able to break a wall, to create a bridge, to fill a gap. I think is both a noble and transgressive adventure. Please, can you tell us about it?
Thanks for the question, and for reaching out for this interview. I launched Yogic Studies as a platform to promote the work that I have been doing for some time now, which is to make the most cutting-edge scholarship on the history and philosophy of yoga that is emerging from leading university scholars from around the world, and to make that knowledge accessible and available to yoga practitioners and teachers engaged in the yoga studio culture—to provide a bridge between the studio and academy, if you will.
As an academic, over the years I have often noted a lack of sensitivity in university settings towards religious or yogic practitioners, who are at times perceived as blindly accepting the doctrine and practices of their tradition without any reflexivity or critical sense of their tradition’s history. A purely academic approach to yoga, however, might miss out on valuable insights, frameworks, or sensibilities from insiders within a practice tradition (an “emic” view). Whether modern yoga traditions can (or should) be viewed as continuous with the premodern Indic traditions as attested in Sanskrit texts, however, is another question, and one that in recent years has become hotly debated.
On the other hand, as a long-time yoga practitioner, within the American studio culture, I have often witnessed a certain type of anti-intellectualism and even antagonism towards scholars, who are deemed as simply academics, and therefore lacking any “true” or “authentic” understanding of yoga that is believed to arise from personal practice alone. Such practitioners might miss out on the incredibly valuable research and scholarship that can inform their own yoga practice and enhance their understanding of the historical roots of the yoga traditions they are practicing today!
It is a misnomer that scholars are simply out to disprove the authenticity and historical veracity of modern day yoga practice (although, to be fair, there are certainly some scholars who seem to take this as their modus operandi). Particularly in the emergent field of yoga studies, today there is a surprisingly large number of “scholar-practitioners.” Historically speaking, in pre-modern India, however, this would have been less unusual. That is to say, the authors of Sanskrit yoga texts, were often likely practitioners themselves. While this is a difficult historical claim to prove, when we often have very little historical information about authors beyond the texts themselves, there is good reason given the details and mechanics in prescriptive yoga treatises to think that they were.
Recognizing this divide, and the desire to see more rigorous and in-depth yogic teachings within the professional yoga community, I founded Yogic Studies to help bridge the gap between scholars and practitioners, and to provide high quality continued educational services for the broader yoga community and public.
It is clear to all of us that the popularity of yoga has boomed in the last decades. But in the past centuries do we have other moments of wide distribution? For example, can we talk about a pre-modern popular yoga?
This is a great question, and something I think about often. First, it is important to recognize that for much of yoga’s early history, it was a mind-body discipline performed by full-time religious ascetics at the fringes of mainstream Indian society—practiced in order to transcend the suffering and limitations of the world, and to cultivate incredible powers. Over time, the physical and mental methods of yoga evolved and were adopted by numerous religious orders and sectarian traditions, including forms of Jainism, Buddhism, Śaivism, the Brahmanical or “Hindu” traditions, and during the Mughal period, even Islamic Sufi orders. We have for example, some incredible Persian texts on Haṭhayoga. There is also the famous translation of the Yogasūtra into Arabic by Al-Biruni (973-1048), and another tenth-century Śaiva version in Old Javanese found in Java! Like the language, literature, and cultural power of Sanskrit—which extended far beyond the Indian subcontinent—so too the theory and practice of yoga seems to have circulated widely in the art and literature of the premodern Asian world. I like to think of this as the great “Yoga Cosmopolis.”
The Dharmaśāstras, or law codes for pious Brahmins, include prescriptions of breath control (prāṇāyāma) to expiate one’s sins if their purity is compromised through some “unwholesome” activity. In medieval India, with rise of tantra during the sixth through thirteenth centuries CE, we begin to see in Sanskrit texts, yogic teachings made more explicitly for householders, and even kings. Hindu and Muslim rulers in India were often quite fascinated with the spiritual powers (siddhi) and the charisma of great yogins, sought their council in the courts, and even commissioned their powers for military opportunism!
The corpus of Haṭhayoga texts written in the second-millennium speak of yoga for householders, and sometimes female practitioners—though by and large the texts still evoke a predominantly male renunciate tradition. By the early modern period, the success of Haṭhayoga meant that its techniques were being mixed with Vedānta and dominant “Vedic” ideals, and we even see a new corpus of Yoga Upaniṣads emerge during this period. In some ways, I see all of this as the “mainstreaming” of yoga in precolonial India. However, we should bear in mind, that it is always difficult to correlate what’s going on in the texts to yoga “on the ground.”
Every century, every culture, every society has a different notion of the “body”—the legal body, social body, physical body, anatomical body, conceptual body, etc. In the yogic culture, what is the relation between the notion of body and the development of asanas?
Unlike Euro-American intellectual traditions, which have over the past forty years received a great deal of academic attention and theorizing of the body, there has been little attention given to the theory of the body within Indic or yogic traditions. Recently, some useful studies have begun to emerge, for example, Barbara Holdrege’s book on Bhakti and Embodiment (2015) or Gavin Flood’s The Tantric Body (2005) come to mind. Within yoga traditions, one of the challenges of assessing a theory of the body, or the so-called “yogic body,” is that the texts state widely different things! There has to-date, been no systematic or comprehensive study of the yogic body, partly because the materials are so vast and complex. Of course, dominant themes emerge, some of which are quite popular and well-known in modern yoga circles today, if not fully understood. Most important, is the notion of a subtle network of energetic channels (nāḍī) which allow vital energies (prāṇa) to flow throughout the yogin’s corporeal body. Texts as far back as the Upaniṣads state that there are 72,000 nāḍīs, but over time, three become highlighted in importance: the left (īḍā) and right (piṅgalā) channels, and the central vertical channel (suṣūmṇā) which runs along the axis of the spinal column. Within this network are the famous cakras or energetic “wheels,” sometimes called ādhāras (“fixations”), which were originally mentally “installed” through visualization, but in later traditions take on a more psychic and even corporeal quality. Contrary to popular belief, there was no single set system of cakras in yoga traditions. We find texts which speak of four, five, six, seven, or more cakras. The text I am working on for my dissertation, the Śivayogapradīpikā (c. 15th century), or the “Lamp on Śiva’s Yoga,” for example, teaches a system of nine cakras and sixteen ādhāras, which extend from the big toe all the way to the crown of the head!
In medieval Haṭhayoga traditions, bodily postures (āsana) as well as other actions (karaṇa), seals (mudrā) and binds (bandha) were used dynamically to purify the yogin’s body of toxins, phlegm (kapha), and other physical ailments—but in particular were utilized to stimulate vital energies within the yogic body, and above all, to activate the supreme feminine energy source of Kuṇḍalinī, which the Haṭhapradīpikā calls the key to the door of liberation (mokṣadvāra).
It is important to realize here in all of this that we are dealing with a very different epistemological (theory of knowledge) paradigm than how are conditioned to perceive the body as modern practitioners of yoga in the twenty-first century. Trying to reconcile the premodern Indic yogic body with the dominant western scientism of our day does not always stack up so neatly. Interestingly, this is a challenge that Indian intellectual and religious thought leaders involved in the reform of yoga and Hinduism in the twentieth century were actively wrestling with themselves.
We are really excited about your upcoming online course, “An Introduction to the History and Philosophy of Yoga.” Can you tell us a little more about it?
Absolutely. I am really thrilled about this course, for it provides an incredible platform to synthesize some of the most recent and exciting scholarship on the history and philosophy of yoga that has emerged in the past decade, and to make it engaging and accessible to practitioners of yoga around the world. We already have students signed up from the US, UK, Canada, Spain, Australia, and Italy!
As the global popularity of yoga has exploded in recent years—with over 30 million practitioners in the U.S. alone—so too, the past decade has witnessed a renaissance in the academic study of yoga. Breakthroughs have been made on the origins of modern postural yoga, the texts and traditions of medieval Haṭhayoga, the relationship between the Yogasūtra and Buddhism, and new evidence for the chronology of yogic postures, to name but a few areas of budding research. Two major five-year research projects currently being funded by the European Research Council are at the forefront of this surge in critical yoga studies: the Haṭha Yoga Project based at SOAS, University of London, and the Entangled Histories of Yoga, Ayurveda and Alchemy in South Asia headquartered at Vienna University. Much of this scholarship is reshaping the history of yoga as we know it, however, many students of yoga remain largely unaware of this groundbreaking research, and how it might influence their own understanding of the yoga they practice.
The 6-week online course will seek to illuminate yoga’s past and present, and provide students with a very solid foundation in the historical and philosophical underpinnings of the Indic yoga traditions. Using the latest technologies in online pedagogy, there will be weekly video lectures, slides, quizzes, PDF handouts, optional readings, and even a weekly live Facebook Q&A session.
The course will also feature research from my own ongoing doctoral fieldwork in south India, which seeks to uncover early visual and material evidence of physical yoga and the history of āsana practice. I have documented numerous sculptures of yogins in very complex, non-seated āsanas, carved across the temple pillars at Hampi, the medieval capital city of the great Vijayanagara Empire. I will be detailing these findings and their value for our understanding of the history of yoga in a forthcoming peer-reviewed article to be published next month—but students in the course will also get an inside look at some of this exciting work.
Yogic Studies website: http://www.yogicstudies.com/
Yogic Studies promo video: https://vimeo.com/251093933